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  • Vittorio A. Dublino

Sun Tzu e l’Arte del … Soft Power (parte 3)

“la migliore propaganda non è la propaganda, perché durante l’era dell’informazione la credibilità è la risorsa più scarsa”  (Joseph Nye) 

La Cina sta usando un nuovo strumento, il Potere Morbido, per aumentare la sua influenza all’estero.

Riuscirà il governo cinese a sedare le proteste di Hong Kong senza inficiare la sua strategia Soft Power?  

 


A Huimin, città sul delta del fiume Giallo, i Cinesi inscenano una ricostruzione storica per contribuire ad accrescere la tradizione globale della nazione. Giovani uomini e donne vestiti con costumi militari antichi recitano una performance in omaggio a Sun-Tzu, filosofo e stratega militare che visse nel VI secolo a. C.

Sun Tzu è l’autore del famoso manuale militare ‘l’Arte della Guerra’: un libretto di 6.000 parole studiato nelle accademie militari ed amato dai guru del management in tutto il mondo.


La contea di Huimin è considerato il luogo natale di Sun Tzu, e gli abitanti del posto si considerano fonte di un’antica saggezza che, secondo i funzionari, può contribuire a persuadere il mondo dell’attrattiva cinese. Sotto una tenda, i giornalisti del quotidiano del Partito Comunista, il  People’s Daily,  commentano la trasmissione video-live dell’evento sul loro sito web, in modo tale che tutto il Mondo possa vederlo. Nel mentre, in un hotel locale, si tiene un simposio di Sun Tzu.


E’ il colonnello Liu Chunzhi, dell’Università Nazionale della Difesa cinese (che è anche il direttore del Centro di Ricerca della Cina ‘Sun Tzu  sull’Arte della Guerra’) racconta che l’eredità immateriale di Sun Tzu è in effetti un Patrimonio dell’Umanità, che vede la sua promozione nel mondo come “un passo importante per il rafforzamento del Soft Power della Cina, perchè Sun Tzu può aver scritto ed elencato quali stratagemmi, strategie e tattiche adottare in guerra, ma bisogna intendere i suoi precetti più come strumenti di limitazione delle sofferenze e perseguimento della pacificazione, una volta che la guerra diventa inevitabile …  la prova di ciò sta, secondo gli esperti, in un significativo passo del manuale che ricorda: ‘Il capo abile sottomette le truppe del nemico senza combattere’, quale prova migliore …” ci dice l’alto ufficiale cinese.


I leader cinesi sembrano determinati a convincere l’America (e il mondo) che non sono loro nemici, e per questo hanno reclutato Sun Tzu come il testimonial simbolo di questo concetto.

Jia Qinglin, membro del Consiglio supremo del partito comunista cinese, aveva affermato che “Sun Tzu dovrebbe essere impiegato per promuovere la pace duratura e la prosperità comune”. Nel 2006 il presidente Hu Jǐntāo ha regalato copie in seta dell’Arte della Guerra, scritte in inglese e cinese, al presidente George Bush. Suggerendo che il modo migliore di combattere non è quello di scegliere la guerra quale prima istanza.

Sebbene la Cina sia da sempre orgogliosa del suo antico generale Sun Tzu, è solo abbastanza recentemente che il partito si è impadronito della nozione di Soft Power associandolo ai precetti del generale.


Soft Power (Potere Morbido) è un termine introdotto 20 anni fa dal sociologo e scienziato politico americano Joseph Nye professore dell’Università di Harvard, ex presidente del Consiglio nazionale dell’ Intelligence degli Stati Uniti d’America e funzionario senior del Pentagono.

Nye descrive il Soft Power come:


“la capacità di ottenere ciò che si vuole attraverso l’attrazione piuttosto che la coercizione o un compenso”.


A partire dalla fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti vincitori hanno saputo ben impiegare il Soft Power, hanno conquistato il pubblico occidentale (non solo)  investendo migliaia di miliardi di dollari nella creazione di giganti dei media mondiali per competere globalmente con il loro Soft Power.


Con solo il 5% della popolazione mondiale gli USA controllano circa il 75% dei suoi programmi televisivi, in combinazione con l’influenza di marchi e prodotti di intrattenimento la cultura americana è riuscita ad influenzare quasi tutto il mondo, con Contenuti caratterizzati da un basso ‘sconto culturale’ grazie ad una eccellente creatività corroborata dal mix culturale (il famoso melting pot) che caratterizza il popolo americano costituito da oltre due secoli di immigrazione proveniente da tutte le parti del mondo.


Durante gli anni ’90 e gli inizi di questi secolo, in Cina aveva trionfato lo slogan di Deng Xiaoping “costruzione economica come nucleo portante dell’affermazione del paese”. Le azione del successivo presidente Hu Jǐntāo segnano uno spostamento del pensiero del partito.


Il concetto di soft power non è quindi del tutto nuovo all’interno della filosofia cinese, la quale promuoveva la moralità, la legge e la cooperazione come basi fondamentali per la costruzione dei rapporti tra i Paesi. La natura umana non veniva concepita come intrinsecamente cattiva e perciò era preferibile che gli Stati collaborassero piuttosto che agissero come agenti autonomi. Il Confucianesimo stesso, in generale, esortava a conquistare la leadership ponendosi come esempio da seguire ed evitando l’imposizione forzata dei propri valori sugli altri. (*)


Negli ultimi quindici anni l’elaborazione di un Soft Power cinese efficace è emersa come una nuova priorità del partito.

I cinesi sembrano essersi fatto forza del fatto che è stato lo stesso Nye a tracciare un legame tra il Soft Power e Sun Tzu.  Nel 2008 con il suo saggio: ‘Le Potenze da guidare’, egli scrive “Sun Tzu ci suggerisce che la massima eccellenza non ha mai dovuto combattere perché l’inizio della battaglia significa un fallimento politico”. 

Per essere ‘guerrieri intelligenti’, continua Nye, si devono comprendere sia “il Soft Power per l’attrazione che l’Hard Power della coercizione”.

Il Presidente Jǐntāo potrebbe essere stato lento ad adottare il termine del professor Nye apertamente, ma subito dopo il suo mandato nel 2002, ha cominciato a cercare di rendere la Cina un marchio più attraente. Nel giugno 2003 un piccolo gruppo di funzionari della propaganda e di esperti di politica estera si sono riuniti a Pechino per la prima volta per discutere dell’importanza del Soft Power. 


Più tardi lo stesso anno i funzionari incaricati hanno cominciato a promuovere un nuovo termine: ‘Incremento Pacifico’, per descrivere lo sviluppo della Cina. Il loro messaggio era orientato a promuovere nel mondo l’idea che Cina sarebbe stata  un’eccezione a quegli esempi della Storia che hanno descritto le grandi potenze crescenti confliggere con quelle pre-esistenti. Nei mesi successivi al lancio dello slogan, i funzionari hanno però deciso di modificarlo. Si preoccupavano che la parola ‘Incremento’, fosse troppo minacciosa, e per questo hanno  trasformato il termine in “Sviluppo Pacifico”. 


Il Presidente Jǐntāo inziò anche ad adottare la parola ‘Armonioso’ spruzzandola nei suoi discorsi riferiti alla Cina. Tuttavia in molti potrebbero essere d’accordo sul fatto che la parola “armonizzare” possa essere ironicamente usata per significare la soppressione del dissenso interno alla Cina. Inoltre alcuni comportamenti di politica estera sono percepiti minacciosi, creando profondo disagio circa la natura evolutiva della sua forza, perfino tra quelle nazioni vicine che un tempo vedevano l’ascesa della Cina come benigna.


Queste preoccupazioni esterne si aggravano quando si pone l’attenzione sui suoi persistenti sforzi interni tesi a sopprimere il dissenso, a controllare internet e a soffocare la naturale crescita della società civile, e il partito se ne accorge. Dopo una riunione nell’ottobre 2011, il Comitato centrale del partito ha dichiarato che l’attuazione della strategia Soft Power globale attuata dalla Cina stava iniziando a riscuotere notevoli risultati e che ulteriori sforzi sarebbero stati urgentemente necessari.


“Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà”: questa profezia di Napoleone – che la formulò nel 1816, dopo aver letto la relazione di viaggio del primo ambasciatore inglese in Cina, Lord Macartney – sembra oggi destinata ad avverarsi nella dimensione economica, prima ancora che in quella militare a cui pensava l’imperatore francese. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che riunisce i 30 paesi più industrializzati, rivela un sorpasso clamoroso: gli Stati Uniti non sono più la prima destinazione degli investimenti dal resto del mondo, sono stati spodestati proprio dalla Cina come meta preferita delle multinazionali. (F. Rampini, “Il secolo cinese”, 2005)


Con il Presidente Xi Jinping, il suo attuale presidente, la Cina ha messo a punto una vasta gamma di iniziative per conquistare il mondo con i suoi ideali e il suo portafoglio. Il ‘Sogno cinese’ (che inizia a fare da contraltare al ‘Sogno americano’) prevede un mondo pacifico in cui la Cina ha un ruolo da protagonista. Progetti come Belt and Road e la costituzione della Banca di Investimento per le Infrastrutture asiatiche hanno lo scopo di mostrare i vantaggi della crescente ricchezza cinese. “Dovremmo aumentare il soft power della Cina, sviluppare una buona ed efficace narrativa cinese per comunicare meglio i messaggi della Cina al mondo”, affermò Xi Jinping non molto tempo dopo essere diventato presidente nel 2013.


“La straordinaria cultura tradizionale cinese è lo spirito vitale del popolo, è una fonte importante dei valori centrali del socialismo e una solida base che può fare da bussola nell’odierna confusione culturale mondiale” (Xi Jinping)


Con il suo discorso sull’importanza della politica mediatica nel 2016, il Presidente cinese ha disposto che le principali organizzazioni mediatiche ufficiali imparassero a raccontare storie cinesi avvincenti e a costruire metodi di punta ed hub di distribuzione di Contenuti in lingua straniera per diffondere le influenze globali. Xinhua, CCTV, Global Times ed altri gruppi media hanno rafforzato la loro presenza non solo negli Stati Uniti, iniziando a lavorare, all’estero, su social media come Facebook e Twitter, alcuni account hanno accumulato follower contati in numeri superiori ai 10 milioni.


“La straordinaria cultura tradizionale cinese è il fulcro del soft power culturale nazionale. I cinquemila anni di storia cinese hanno prodotto una cultura ricca e incomparabile per via dei pensieri profondi in essa contenuti. La cultura tradizionale cinese è ancora presente nella società contemporanea, rappresenta il tassello fondamentale per portare avanti la causa socialista e permettere che il popolo cinese continui la sua strada verso lo sviluppo. Pertanto, ci sono alcuni elementi della cultura tradizionale che non si adattano o addirittura ostacolano lo sviluppo della società moderna e che possono esser visti come elementi a cui è necessario rinunciare. Riguardo quest’ultimo problema, se da un lato è importante ereditare e sviluppare la cultura tradizionale, dall’altro bisogna identificare accuratamente quali sono gli elementi a cui bisogna rinunciare. Soprattutto nel processo di sviluppo della società contemporanea, essendo la struttura della società tradizionale già cambiata, alcuni solidi principi tradizionali hanno perduto la loro efficacia. Bisogna quindi guardare ed esaminare la cultura tradizionale da una nuova prospettiva, riconoscerne i valori e la sua potente influenza, ma tenere presente il mutamento degli orientamenti di alcuni valori e di conseguenza regolarsi se avvalersi o meno della cultura tradizionale in determinate circostanze.  La cultura cinese è parte dello spirito e dell’anima del suo popolo, ha nutrito intere generazioni di cinesi e tramandarla alle generazioni future è la missione del popolo cinese. Avere una corretta comprensione della cultura tradizionale cinese non solo reca maggiori benefici al popolo ma, allo stesso tempo, bisognerebbe far sì che popoli di altre culture comprendessero e rispettassero la cultura cinese, bisogna renderla più dinamica e influente e divulgarne il suo fascino, rafforzando in tal modo il soft power nazionale.” (**) 


Ed ecco che i violenti disordini in Hong Kong sono un problema che Pechino deve risolvere cercando di non erodere quell’aliquota di Soft Power che ha conquistato, sebbene dimostri che conosca ancora molto bene il potere duro: le truppe pesantemente armate pronte ad attraversare il confine tra la terraferma cinese ed Hong Kong pronte al conflitto urbano, è un segnale.


per approfondimenti:

(*) La Cina e il Soft Power”, tesi di Vanessa Pedron – 2014, Corso di Laurea magistrale in Lingue e istituzioni economiche e giuridiche dell’Asia e dell’Africa Mediterranea;  Università Ca’ Foscari Venezia.

(**) “Tre quinquenni di Soft Power cinese”,  tesi Gianluca Falso – 2018,  Corso di Laurea Magistrale in Interpretariato e Traduzione Editoriale, Settoriale; Università Ca’ Foscari Venezia.


Reference

liberamente  tratto da:

  1. Sun Tzu e l’Arte del Soft Power”, Economist – 17/12/2011

  2. “Il fallimento del soft-power in Cina: condanna delle proteste di Hong Kong” , New York Times – 20/08/2019

  3. “il Deficit del Soft Power della Cina”, J. Nye, WSJ – 8/05/2012

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