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  • Vittorio A. Dublino

Quando studiando (forse) possiamo iniziare a capire verso quale direzione stiamo andando …

“Forme di mobilitazione, che rientrano nella categoria della politica non di parte e orientata alle singole questioni, stanno conquistando crescente legittimazione in tutte le società e sembrano in grado di condizionare le regole e gli esiti della competizione politica ufficiale,  restituiscono legittimità alla cura dell’interesse pubblico, introducendo nuove dinamiche e nuove questioni politiche con l’effetto di approfondire la crisi della democrazia liberale classica, mentre favoriscono l’emergere di una democrazia informazionale ancora tutta da scoprire”


L’esito delle ultime elezioni politiche (marzo 2018) sembra aver creato scompiglio nel panorama politico italiano; da due mesi leggiamo sui giornali o ascoltiamo nei talk-show politici, opinionisti e politologi dibattere sulle cause della ‘inaspettata’ vittoria dei due maggiori cosiddetti movimenti/partiti politici populisti italiani (Lega e M5S) che si apprestano a formare in questi giorni una alleanza di governo.

Tuttavia, se tutti questi ‘nostrani esperti’ si fossero soffermati negli anni scorsi ad analizzare le  conclusioni delle ricerche, o nella lettura dei testi scientifici,  di alcuni dei maggiori ‘esperti internazionali’ di temi riguardanti discipline che afferiscono alle scienze politiche, come ad esempio la sociologia, avrebbero facilmente potuto rendersi conto  con largo anticipo di ciò che sta accadendo nel mondo ed  in Italia, riuscendo ad intuirne le cause.


indice “il potere dell’identità” di manuel castells


A riguardo mi piace, dunque, darne un esempio ‘simulando’ la scrittura di un articolo, riportando in effetti le conclusioni predittive di uno di questi scienziati, il sociologo Manuel Castells,  ne  ‘Il Potere delle Identità”.

 

Lo Stato deve essere fondamentalmente distinto dalla Nazione, perché lo Stato è un’organizzazione politica, potere indipendente all’esterno e potere supremo all’interno, dotato di forze materiali sotto forma di risorse umane e finanziarie per conservare la propria indipendenza e autorità.

Non si può confondere l’uno con l’altra.

(Ernie Prat de la Riba, La nacionalitat catalana)

 

Molti e assai vari sono, in tutto il mondo, gli embrioni di una nuova politica democratica, (…) tre (sono le) tendenze che (…) sembrano particolarmente rilevanti per il futuro della (cosiddetta) ‘politica informazionale’.

 

La prima attiene alla ricostruzione dello stato locale

 

In molte società, la democrazia locale sembra rifiorire, quantomeno in rapporto alla democrazia politica nazionale. Questo è vero, in particolare, nei casi in cui governi regionali e locali cooperano tra loro e si estendono a un livello di decentramento che (riesca a) coinvolge(re i cittadini fino al livello dei) quartieri stessi, favorendo la partecipazione dei cittadini.

Quando i mezzi elettronici (comunicazione via computer o stazioni radio e televisive) si sommano per espandere la partecipazione e la consultazione dei cittadini – come ad Amsterdam o nella prefettura di Fukuoka (fino ad arrivare al fenomeno italiano del Movimento5Stelle-M5S) -, si nota come le nuove tecnologie promuovano (una) partecipazione (d)al governo locale (fino a quello nazionale).

(Con riferimento alla gestione del Potere delle Identità) esperienze di autogestione locale come quella del comune di Cuiaba, nel Mato Grosso, dimostrano che è possibile ricostruire legami di rappresentanza politica per condividere (se non per controllare) le sfide poste dalla globalizzazione economica e dell’imprevedibilità politica.

Ovviamente, il localismo ha anche i suoi limiti, dato che accentua la frammentazione dello stato-nazione. Ma se ci atteniamo rigorosamente a quanto si osserva un po’ in tutto il mondo, le tendenze più forti per la legittimazione della democrazia si manifestano, intorno alla metà degli anni Novanta, proprio a livello locale.

 

Una seconda prospettiva, spesso dibattuta dagli studiosi e sui media, consiste nell’opportunità, concessa dai mezzi di comunicazione elettronici, di accrescere la partecipazione politica e la comunicazione orizzontale tra i cittadini

 

(…) i cittadini possono formare e stanno formando proprie costellazioni politiche e ideologiche eludendo le strutture politiche prestabilite e creando, così, un campo politico flessibile e adattabile.

Tuttavia, alle prospettive della democrazia elettronica possono essere rivolte – e di fatto sono state rivolte – critiche molto serie.

In altre parole, la politica online potrebbe accentuare l’individualizzazione della politica e della società a un livello in cui l’integrazione, il consenso e la costruzione istituzionale diventerebbero pericolosamente difficili da conseguire.

Per approfondire la questione, gli studenti del seminario post-laurea tenuto a Berkeley (dal sociologo Manuel Castells) sul tema della «sociologia della società dell’informazione» hanno effettuato, nella primavera del 1996, alcune indagini online e i risultati della loro analisi rivelano alcune tendenze interessanti.

Klinenberg e Perrin hanno rilevato che, in occasione delle primarie presidenziali repubblicane del 1996, l’utilizzo di Internet ha svolto un ruolo assai importante nella diffusione di informazioni sui candidati (Dole), per alimentare il sostegno (Buchanan) e accrescere i contributi elettorali (tutti i candidati).

Tuttavia, i canali di comunicazione erano ancora monitorati e rigidamente controllati, al punto da trasformarli, in sostanza, in sistemi di comunicazione monodirezionale, più potenti e flessibili della televisione, ma non per questo più aperti alla partecipazione dei cittadini.

A questo riguardo, le cose potrebbero cambiare in futuro (in effetti sono già cambiate),  ma a quanto pare la logica della politica informazionale riduce l’apertura del sistema, dato che i candidati devono esercitare un rigido controllo dei messaggi circolanti sulle loro reti per non vedersi attribuire la responsabilità di posizioni o affermazioni che pregiudicano il rapporto con l’elettorato.

 

Rigido controllo politico e apertura elettronica sembrano, nel sistema attuale, escludersi reciprocamente.

 

Pertanto, finché il processo politico sarà controllato dai partiti e dai comitati elettorali organizzati, la partecipazione elettronica dei cittadini resterà sempre in secondo piano sulla scena della politica informazionale, almeno per quanto riguarda le elezioni ufficiali e il processo di formazione delle decisioni.

D’altro canto, il lavoro condotto da Steve Bartz sul movimento ambientalista e da Matthew Zook sul movimento delle milizie americane ha mostrato che i gruppi di base che ricorrono a Internet come strumento di informazione, comunicazione e organizzazione stanno aumentando il proprio potere. (La recente affermazione in Italia del M5S ci conferma questa tendenza, già individuata oltre 20 anni addietro)

A quanto sembra, è proprio in questo campo della politica simbolica, nonché nello sviluppo di mobilitazioni mirate su singole questioni a opera di gruppi e individui esterni al sistema politico ufficiale, che la nuova comunicazione elettronica può ottenere gli effetti più significativi.

L’impatto di questi effetti sulla democrazia non è chiaro. Da una parte, consentendo alle mobilitazioni su singoli temi di eludere o scavalcare la politica ufficiale, possono finire per minare ancora di più le istituzioni della democrazia.

Dall’altra, se la rappresentanza politica e il processo decisionale riuscissero a trovare un punto di contatto con queste nuove fonti di input provenienti da cittadini attivi, pur senza arrendersi a un’élite tecnologicamente esperta, si potrebbe ricostruire un nuovo tipo di società civile, permettendo un diffuso radicamento elettronico della democrazia.

 

Lo sviluppo della politica simbolica e della mobilitazione politica su questioni «non-politiche», con mezzi elettronici o meno, rappresenta la terza tendenza che potrebbe intervenire nel processo di ricostruzione della democrazia nella società in rete.

 

Cause umanitarie come quelle promosse da Amnesty lntemational, Médecins Sans Frontières, Greenpeace, Oxfam, Food First e da diverse altre migliaia di gruppi di attivisti e di organizzazioni non governative locali e globali sparsi in tutto il mondo sono il più potente fattore di proposta e di mobilitazione nell’ambito della politica informazionale.

Queste mobilitazioni si sviluppano su temi che riscuotono ampio consenso e non sono necessariamente allineate a un dato partito politico.

Di fatto, almeno a livello ufficiale, la maggior parte dei partiti politici mostra di sostenere gran parte di queste cause. Inoltre, la maggioranza di queste organizzazioni umanitarie si astiene dal sostenere partiti politici particolari, se si escludono questioni specifiche in momenti specifici.

Gran parte di queste mobilitazioni si collocano a metà strada tra movimenti sociali e azione politica, perché si rivolgono direttamente ai cittadini, chiedendo loro di fare pressione su istituzioni pubbliche o imprese private in grado di incidere sulle questioni oggetto delle singole mobilitazioni.

In altri casi, esse fanno direttamente appello alla solidarietà della gente. In definitiva, il loro orizzonte consiste nell’agire sul processo politico, ossia nel favorire l’influenza dei membri della società sull’amministrazione di essa.

Tuttavia, esse non necessariamente – anzi, raramente – ricorrono ai canali della rappresentanza e delle decisioni politiche, eleggendo, per esempio, propri candidati alle varie cariche.

Queste forme di mobilitazione, che rientrano nella categoria della politica non di parte e orientata alle singole questioni, stanno conquistando crescente legittimazione in tutte le società e sembrano in grado di condizionare le regole e gli esiti della competizione politica ufficiale.

Esse, agli occhi e nella vita delle persone, restituiscono legittimità alla cura dell’interesse pubblico, introducendo nuove dinamiche e nuove questioni politiche con l’effetto di approfondire la crisi della democrazia liberale classica, mentre favoriscono l’emergere di una democrazia informazionale ancora tutta da scoprire. (*)

 

 (*) tratto da ‘Conclusione: il cambiamento sociale nella società in rete‘ di Manuel Castells in “Il potere delle Identità” , II volume,  EGEA Edizioni Università Bocconi

-Titolo originale dell’opera “The Information Age: Economy, Society and Culture” 1997-2004  

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