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  • Vittorio A. Dublino

Il dilemma del Leader. C’è bisogno di nuove visioni nel management

“Per l’uomo del Rinascimento il salto di qualità fu dato dalla scoperta della realtà globale del pianeta che stava per conquistare: ora il salto qualitativo consiste nel creare un nuovo Rinascimento, nell’instaurare una sorta di comprensione umanistica della logica del funzionamento globale”

(Aurelio Peccei , Alexander King, “Obiettivi per l’Umanità”, 1978)


“La maggior parte degli imprenditori considera ancora le organizzazioni aziendali  come una macchina dotata di leve obbedienti che possono essere manovrate per cambiarne la sua  efficienza, la sua velocità, la sua direzione…”

Tale concezione ha origine nel modello di mondo fisico elaborato da Isaac Newton, pensando che un’organizzazione aziendale sia un  meccanismo cronometrico – con un turno di lavoro che crea un altro turno di lavoro, e così via.

Questo concetto basato sulla “causa-effetto” investe psicologicamente l’Uomo “manager” ponendo in risalto una delle più profonde paure dell’Uomo: quello di perdere il controllo.

La maggior parte dei manager usa ancora le “metafora delle macchine” nell’esposizione dei concetti  di cambiamento di business,  come ad esempio  la ‘reingegnerizzazione delle parti’  finalizzando iul concetto  ad ottenere un’organizzazione che abbia il  “focus su tutti i cilindri del motore”.

L’autrice  di “Leadership e nuova Scienza”, Margaret Wheatley, si esprime così : «Tra tutti i fatti che dimostrano che il nostro mondo sta cambiando radicalmente,  pensiamo a chi ancora crede alle “Organizzazioni in termini meccanicistici”, come una collezione di parti sostituibili in grado di essere riprogettate»

Il pensiero ancora ricorrente porta spesso ad assumere un comportamento che parte dal presupposto che  anche le persone siano macchine, cercando di disegnare  le organizzazioni del loro lavoro come stessimo preparando un diagramma di ingegneria, nell’inganno dell’illusione che il Capitale umano svolga al meglio le specifiche impartite comparandolo  all’obbedienza delle macchine.

Nel corso degli anni, le idee ricorrenti la leadership hanno sostenuto questo mito metaforico.

Si è cercato esasperatamente la via della gestione basata  sulla “previsione e controllo”,  addebitando ai leader la responsabilità di fornire al Sistema tutto ciò che si ritiene assente nella macchina: la visione , l’ispirazione, l’intelligenza e il coraggio.

Di conseguenza questi si sono impegnati solo per dover fornire l’energia e la direzione per spostare veicoli arrugginiti mascherandoli come le “organizzazioni del futuro”. Secondo Beinhocker, tuttavia, il sogno di un “Universo ad orologeria è da ritenersi  concluso per la scienza nel XX secolo, ed è in procinto di  finire anche  per l’economia nel XXI secolo”. L’economia è troppo complessa, troppo lineare, troppo dinamica e troppo sensibile alle condizioni ambientali e fattori devianti per essere suscettibile di pronostici validi, soprattutto nel medio  lungo termine.

Beinhocker, naturalmente, ci parla dell’economia nel suo complesso, ma lo stesso punto di vista è valido per i suoi sottoinsiemi, comprese le organizzazioni di qualsiasi genere, compreso quelle aziendali.

Negli ultimi anni, le ipotesi economiche tradizionali sono sotto attacco.

Considerando che gli economisti tradizionali credono ancora nell’integrazione funzionale, nella teoria dell’agente e in un “Homo Economicus, egoista ed immorale”,  una nuova generazione di economisti comportamentali  (come ad esempio, George Akerlof, Herbert Simon, Daniel Kahneman and Amos Tversky, Robert Oxobi, Arjun Appadurai, Steven Pinker, Erving Goffman, Abraham  Maslow, Richard Lipsey, Thomas Malone, Geert Hofstede)  ha dimostrato invece che “le persone sono intelligenti nei loro processi decisionali, ma sono intelligenti in modi molto diversi dal quadro presentato nelle analisi dell’economia tradizionale”,  aprendo la strada a nuovi modelli concettuali dell’economia: l’Economia Comportamentale. Modelli in cui al ‘Homo Economicus’ scienziati come Bruno Frey introducono il concetto di  “Homo  Economicus Maturus”: un modello di Uomo in cui “si evidenzia un equilibrio tra le motivazioni estrinseche con quelle intrinseche nelle sue decisioni”.

 

“il nuovo Uomo economico non nega affatto che le leggi di mercato incidano sui processi decisionali, ma non consente che queste svolgano un ruolo esclusivo o necessariamente dominante”

Le sue azioni dipendono infatti dall’interazione tra le motivazioni personali e il sistema dei prezzi

“La reazione positiva dell’Homo Economicus Maturus di fronte a incentivi monetari o regolamentazioni, a differenza di quanto sosteneva la teoria economica classica, ora non è per niente scontata

 

I recenti studi sulle Scienze Cognitive e la Psicologia comportamentale ci dimostrano che le persone reali hanno,  mediamente,  una scarsa propensione a voler effettuare calcoli logici complessi, ma sono molto bravi e rapidamente istintivi nel riconoscimento dei modelli, nell’apprendimento ed interpretazione delle informazioni ambigue e nella costruzione di conseguenti schemi mentali utilitaristici.

Le persone reali, quindi,  sono fallibili nell’interpretazione della realtà e soggetti a pregiudizi basati sulle loro sovrastrutture culturali e sulle conseguenti loro credenze,  nel corso dei loro processi decisionali.

 

Con l’Economia dell’Identità, dunque, “si avvicina la Teoria Economica alla Realtà dei fatti”

 

Per poter studiare attori economici cosi importanti, gli studiosi hanno dapprima adattato ai loro fini la “teoria dei giochi”; che implica specificare quali siano gli attori, quali siano le informazioni a loro disposizione, quali siano i tempi delle loro decisioni, quali siano le loro scelte strategiche, tutto tramite osservazioni del contesto di riferimento.

Gli studi basati sulla teoria dei giochi fondano oggi la scienza economica, affrontando argomenti diversi, in maniera multidisciplinare.

Lo studio dell’ “Economia comportamentale”  ha reso la teoria economica più coerente con i risultati degli studi in  psicologia sperimentale, inducendo  gli economisti a parlare di “deviazioni dalla razionalità  perfetta”, ad esempio usando concetti come “l’incoerenza temporale, la formazione delle abitudini e l’avversione alle perdite”.

Herbert Simon introduce il concetto di  “Satisficing” (sufficiente soddisfazione), per cui ci si accontenta di un risultato che sia “abbastanza buono” piuttosto che il migliore in assoluto.

Mentre gli economisti perseguono la loro visione dell’Economia come un sistema di equilibrio, durante la seconda metà del ventesimo secolo, fisici, chimici, biologi, neuroscienziati, psicologi divennero sempre più interessati allo studio dei Sistemi che si stanno rivelando sempre più  lontani dal concetto di equilibrio così come intesi in passato; mentre si stanno affermando concetti  con cui si descrivono  Sistemi dinamici e complessi, Insiemi che non si riducono mai a situazioni di riposo.

A partire dagli studi di Gary Becker ( intorno al 1970)  gli scienziati cominciarono a riferirsi a questi tipi di sistemi come sistemi complessi da interpretare in una visione olistica d’insieme.

In breve, un sistema complesso è un sistema di molte parti o particelle che interagiscono dinamicamente. In tali sistemi le interazioni di micro-livello delle parti o particelle portano alla nascita di modelli di macro-livello di comportamento.

Beinhocker usa l’esempio di una vasca idromassaggio per spiegare questo comportamento. “Una singola molecola di acqua seduta in isolamento è piuttosto noiosa”, osserva Beinhocker; “ma se si mette un paio di miliardi di molecole d’acqua insieme e aggiunge qualche energia nel modo giusto, si ottiene un modello macro complesso di una vasca idromassaggio.” Il modello di vortice è il risultato delle interazioni dinamiche tra le singole molecole di acqua.

Non si può avere una vasca idromassaggio con una singola molecola di acqua, anzi, l’idromassaggio è una proprietà collettiva  o “emergente” del sistema stesso “.

“Le Organizzazioni sono come vortici e, nonostante le belle parole spese  in dichiarazioni di missioni e nell’elaborazione di strategie, sono migliaia le decisioni che ogni giorno sono prese da parte di centinaia di manager che distruggono oppure creano valore per i clienti, le proprie aziende e, infine, per gli azionisti a seconda di valutazioni esercitate con un pensiero tradizionale oppure in linea con i nuovi pensieri emergenti” 

per affrontare la sfide del cambiamento, per elaborare nuovi paradigmi per una vera Innovazione sociale, c’è bisogno di un MANAGEMENT UMANISTICO

 


Reference

  1. Change management, part. 04 | C’è bisogno di nuove visioni nel management,

  2. “ANTROPOLOGIA CULTURALE & BUSINESS” ANTROPOLOGIA APPLICATA & COMPETENZE CROSS-CULTURALI (3C) NELLO SCENARIO PLANNING STRATEGY & LA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE di V.Dublino

  3. Introduzione al Dilemma del Leader, concetti (tratti e liberamente adattati ed integrati) da “Leader’s Dilemma” di Peter Bunce

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